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Tensioni in Francia sulla Marcia per la Liberazione dei Prigionieri Saharawi: Denuncia dell'attivista Claude Mangin


Francia, 14 aprile 2025 - L'attivista francese per i diritti umani Claude Mangin, moglie del prigioniero politico saharawi Naâma Asfari, ha lanciato un allarme sulle crescenti intimidazioni e ostilità da parte di alcuni residenti marocchini in Francia nei confronti dei partecipanti alla marcia internazionale per la liberazione dei prigionieri politici saharawi. La manifestazione itinerante, iniziata il 30 marzo, mira a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla situazione dei detenuti saharawi nelle carceri sotto l'occupazione marocchina.

In un'intervista esclusiva rilasciata all'agenzia di stampa APS, la signora Mangin ha denunciato con fermezza i tentativi di sabotaggio messi in atto da individui di origine marocchina e franco-marocchina. Secondo la sua testimonianza, questi gruppi hanno cercato attivamente di ostacolare le iniziative della marcia, impedendo ai partecipanti di esprimere le proprie istanze e di chiedere la liberazione dei prigionieri politici saharawi.

"In diverse località, gruppi di marocchini e franco-marocchini hanno deliberatamente bloccato l'accesso alle sedi delle associazioni che ci avevano gentilmente offerto ospitalità," ha dichiarato con preoccupazione Claude Mangin. "Il loro obiettivo era chiaro: impedire al pubblico di visitare le mostre, assistere alle proiezioni di film e partecipare alle altre attività che avevamo organizzato per far conoscere la lotta per l'indipendenza del popolo saharawi."

L'attivista ha inoltre sottolineato la natura aggressiva e denigratoria del comportamento di questi individui: "Si sono dimostrati estremamente ostili e offensivi, in particolare nei confronti del popolo saharawi, utilizzando termini diffamatori come 'terroristi' e distribuendo volantini carichi di falsità e accuse fuorvianti sulla nostra causa e sulla nostra lotta."

Claude Mangin ha interpretato queste azioni come un tentativo deliberato di "provocare una reazione da parte dei saharawi, con la conseguente speranza di indurre le autorità francesi a vietare la prosecuzione della nostra marcia." Tuttavia, ha aggiunto con un sospiro di sollievo, "i marocchini hanno fallito nel loro intento, poiché i saharawi hanno dimostrato grande compostezza e non hanno ceduto alle loro provocazioni."

La denuncia dell'attivista si è fatta ancora più accorata nel condannare l'atteggiamento di questi contestatori: "È a dir poco scandaloso che questi stessi marocchini, che spesso sono vittime della repressione nel loro stesso Paese da parte del Makhzen, si permettano di negare alla comunità saharawi la libertà di espressione e di manifestazione di cui gode in Francia." Ha definito tale comportamento "assolutamente inaccettabile e contrario ai principi fondamentali dei diritti umani."

Rivolgendo poi la sua attenzione alla drammatica situazione dei prigionieri politici saharawi, tra cui figura suo marito Naâma Asfari, membro del gruppo Gdeim Izik ingiustamente condannato a 30 anni di reclusione, Claude Mangin ha espresso profonda amarezza per la "passività e l'inazione della comunità internazionale e del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite." Ha lamentato la mancanza di interventi concreti per "costringere il Marocco ad ottemperare al diritto internazionale e a rispettare i diritti fondamentali di questi prigionieri."

Con un velo di tristezza nella voce, ha rivelato di non aver potuto far visita a suo marito nel carcere di Qnitra dal lontano 2018, evidenziando ulteriormente l'isolamento e la sofferenza dei detenuti saharawi.

La marcia internazionale per la liberazione dei prigionieri politici saharawi, che si snoderà per un percorso di ben 3.000 chilometri attraverso la Francia e la Spagna, utilizzando diverse modalità di trasporto (a piedi, in bicicletta, in auto e con i mezzi pubblici), sarà costellata da una serie di eventi significativi. Il programma prevede marce di sensibilizzazione, tavole rotonde per approfondire la questione saharawi, conferenze con esperti e testimoni, incontri con rappresentanti politici eletti a vari livelli, proiezioni di film documentari, mostre fotografiche e artistiche, laboratori creativi per coinvolgere la cittadinanza e persino partite di calcio amichevoli con squadre espressione della diaspora saharawi. L'obiettivo primario rimane quello di mantenere alta l'attenzione sulla difficile situazione dei prigionieri politici saharawi e di sollecitare un intervento concreto a livello internazionale per la loro immediata liberazione.

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