Sahara occidentale, 16 aprile 2025 - La prima settimana di aprile ha visto il Marocco orchestrare un'offensiva diplomatica apparentemente volta a consolidare i propri guadagni sul fronte del Sahara Occidentale. Il ministro degli Esteri Nasser Bourita è sbarcato a Washington con un obiettivo primario: ottenere dalla Casa Bianca una riaffermazione esplicita e di alto livello della controversa proclamazione di Donald Trump che riconosce la sovranità marocchina sul territorio conteso. L'esito, tuttavia, si è rivelato ben al di sotto delle aspettative di Rabat: una dichiarazione ambigua, priva della forza e della specificità del proclama del 2020. Nessun nome, nessun impegno concreto, nessuna vittoria da sbandierare.
Per il Marocco, questa tiepida accoglienza non è stata solo una delusione, ma un vero e proprio segnale d'allarme. Il "Piano A", basato sull'incrollabile sostegno dell'amministrazione Trump, sembrava essersi arenato. L'attuale amministrazione statunitense, con priorità interne ed internazionali divergenti, non ha concesso al regno il riconoscimento sperato.
Ma come spesso accade in politica estera, il fallimento di un piano ne innesca un altro. Ed è qui che la narrazione si fa più intricata e rivela una strategia meno palese ma ugualmente insidiosa.
L'Ombra di Wilson e la Resurrezione di un'Accusa Infondata
Solo tre giorni dopo la cauta presa di posizione statunitense, un attore ben noto alle dinamiche della politica estera americana è riapparso sulla scena: il deputato repubblicano Joe Wilson. Figura di spicco per la sua storica vicinanza alla potente lobby marocchina a Washington, Wilson ha utilizzato la piattaforma X (l'ex Twitter) per annunciare la sua intenzione di presentare un disegno di legge volto a designare il Fronte POLISARIO come "organizzazione terroristica". Un'iniziativa che a prima vista potrebbe apparire come una mossa isolata, ma che in realtà si inserisce in un contesto ben più ampio.
Wilson non è un semplice parlamentare. La sua appartenenza a influenti caucus come il Moroccan Caucus, l'Israel Republican Caucus, l'Abraham Accords Caucus, il Saudi-U.S. Caucus e il Turkey Caucus rivela una rete di alleanze strategiche che sottendono silenziosamente l'occupazione marocchina del Sahara Occidentale. I suoi legami tessono una trama di interessi interconnessi: la normalizzazione dei rapporti con Israele, il contenimento dell'Iran e l'espansione delle opportunità commerciali nel Sahel.
Non è la prima volta che Wilson brandisce l'accusa di terrorismo contro il POLISARIO. Già nel 2018 aveva presentato una risoluzione che mescolava, senza alcuna prova verificabile, terrorismo, presunti legami con l'Iran e il conflitto saharawi. Perché riproporre questa narrazione proprio ora? La risposta risiede nella necessità di una nuova mossa sulla scacchiera diplomatica. Il mancato successo del viaggio di Bourita ha reso necessario offrire al Marocco una sorta di "premio di consolazione", un modo per mantenere viva la pressione sul fronte del Sahara Occidentale attraverso altri canali.
"Rafforzamento Mediatico": Un Articolo Insidioso e Domande Scomode
Parallelamente all'iniziativa di Wilson, un altro elemento ha fatto la sua comparsa, questa volta sulle colonne del prestigioso Washington Post. Un articolo firmato dalla giornalista Souad Mekhennet, tedesca di origine marocchina nota per la sua specializzazione in reti estremiste e per il suo accesso privilegiato agli ambienti dell'intelligence, ha gettato un'ombra inquietante sulla questione. In un lungo reportage incentrato sul traffico di armi e sul presunto ruolo di Hezbollah in Siria, Mekhennet ha inserito un riferimento al Fronte POLISARIO. Un'allusione sottile ma calcolata, priva di prove dirette e di un contesto chiaro, ma sufficientemente velenosa da insinuare dubbi e sospetti.
Perché includere il POLISARIO in un articolo che non tratta del Sahara Occidentale? Perché proprio ora, in concomitanza con il viaggio deludente di Bourita e la cauta reazione della Casa Bianca? La risposta non sembra risiedere in una logica giornalistica, ma piuttosto in una strategia politica ben precisa.
Mekhennet non è una giornalista qualunque. Il suo profilo è quello di una figura forgiata nelle dinamiche complesse del potere dell'informazione transatlantica. Ha ricevuto riconoscimenti da agenzie di sicurezza, ha condotto interviste con figure di spicco del jihadismo ed è stata invitata a forum in cui il confine tra informazione e intelligence si fa labile. Ciò che scrive non è mai neutrale, e ciò che insinua lo è ancora meno.
Una Campagna a Tre Voci: Congresso, Media e Soft Intelligence
Ciò a cui stiamo assistendo non è una semplice coincidenza. Si tratta di un'operazione orchestrata con meticolosità, che coinvolge attori politici (come Wilson), figure mediatiche (come Mekhennet) e, presumibilmente, dinamiche di soft intelligence. L'obiettivo primario di questa sinergia è chiaro: costruire artificialmente una percezione internazionale del Fronte POLISARIO come una minaccia terroristica, delegittimarlo come interlocutore negoziale e, in ultima analisi, giustificare una politica del fatto compiuto nel Sahara Occidentale.
Le similitudini con precedenti campagne di disinformazione, utilizzate per destabilizzare governi o giustificare interventi militari, sono evidenti. Si lancia un'accusa, si cita una fonte "indiretta", la si amplifica attraverso i social media e i canali mediatici compiacenti, per poi utilizzarla come pretesto per decisioni politiche.
Il Tassello Mancante e un Silenzio Assordante:
Al momento, il disegno di legge anti-POLISARIO annunciato da Wilson non è stato formalmente presentato. Esiste ancora come un tweet, come un sondaggio esplorativo del terreno. Ma il danno potenziale è già stato inflitto. La narrazione è stata lanciata nello spazio pubblico, e la diffamazione silenziosa ha già iniziato a serpeggiare nei corridoi del potere a Washington, alimentata da think tank, ambasciate e organi di informazione legati all'apparato marocchino.
La domanda cruciale ora è: chi altro è coinvolto in questa manovra? Quale ruolo stanno giocando le ambasciate alleate del Marocco? E soprattutto, perché tanto silenzio da parte della Casa Bianca? Fino a quando si potrà tollerare che una legittima causa di decolonizzazione venga criminalizzata per favorire gli interessi di una potenza occupante?
La verità non necessita di ambasciatori o di campagne di disinformazione; le bugie, invece, ne hanno un disperato bisogno. Il Marocco ha investito ingenti somme in propaganda, attività di lobbying e tentativi di acquisire una legittimità che non gli appartiene. Ma ogni menzogna necessita di un portavoce, di un giornalista compiacente, di un deputato pronto a rilanciarla. Ed è proprio in questa dipendenza che risiede la sua vulnerabilità. La verità sul popolo Saharawi, per quanto scomoda possa essere, non ha bisogno di abbellimenti o manipolazioni. La sua forza intrinseca risiede nella giustizia della sua causa.
Il "Piano B" del Marocco è stato smascherato. Ora spetta alla comunità internazionale decidere se continuare a rendersi complice di una campagna diffamatoria o porre fine, una volta per tutte, a un'occupazione che da quasi mezzo secolo macchia il nome del diritto internazionale. Perché, come qualcuno ha saggiamente affermato, la verità, anche se tarda ad arrivare, trova sempre il modo di prevalere.
