Sahara occidentale, 6 agosto 2025 – A cura della Piattaforma “Non dimenticare il Sahara Occidentale”, per ECSaharaui. Un recente articolo pubblicato da El País il 5 agosto, a firma di Juan Carlos Sanz, dal titolo “Gli Stati Uniti studiano una soluzione economica al conflitto del Sahara dopo mezzo secolo di stagnazione”, propone una narrazione distorta del conflitto nel Sahara Occidentale, riducendolo a una disputa regionale tra Marocco e Algeria e ignorandone la natura coloniale e il diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi.
Il reportage analizza una nuova iniziativa diplomatica ed economica che coinvolgerebbe gli Stati Uniti, suggerendo che investimenti multimiliardari nel Sahara Occidentale occupato possano rappresentare un’alternativa alla soluzione politica. Ma nel farlo, elude un punto fondamentale: si tratta di un territorio occupato militarmente, riconosciuto dalle Nazioni Unite come “non autonomo” e in attesa di decolonizzazione.
Una diplomazia dell’occupazione:
Secondo El País, il recente discorso di Re Mohammed VI, che nel Giorno del Trono ha parlato di una soluzione “senza vincitori né vinti” rivolta all’Algeria, sarebbe coinciso con la visita nel Maghreb di Massad Boulos, suocero dell’ex presidente USA Donald Trump e suo consigliere informale. Boulos, dopo una tappa ad Algeri, avrebbe annullato il previsto passaggio a Rabat, mentre nel frattempo Washington ha annunciato l’autorizzazione a investimenti statunitensi nel Sahara Occidentale occupato, nei settori di energia rinnovabile, minerali, turismo e acquacoltura.
A promuovere questi progetti sarebbe la US International Development Finance Corporation (IDF), in partnership con enti e aziende marocchine. Si parla anche di iniziative parallele da parte del gruppo alberghiero spagnolo Senator, dell’Agenzia francese per lo sviluppo e di compagnie energetiche emiratine, per un totale ipotizzato di 10 miliardi di dollari.
Queste operazioni, tuttavia, violano apertamente il diritto internazionale e ignorano le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), che ha annullato gli accordi commerciali UE-Marocco applicati al Sahara Occidentale proprio per l’assenza del consenso del popolo saharawi.
Algeria e Fronte Polisario: ruoli ben distinti:
L’articolo di El País rilancia la vecchia narrazione marocchina che trasforma l’Algeria in parte del conflitto, eliminando dalla scena il vero soggetto interessato: il popolo saharawi. In realtà, l’Algeria non rivendica il Sahara Occidentale, ma sostiene il diritto del suo popolo all’autodeterminazione, accogliendo rifugiati e sostenendo il processo di decolonizzazione nel rispetto del diritto internazionale.
Non sorprende, dunque, che Algeri abbia ignorato il discorso del re marocchino, che propone una “mano tesa” solo per ottenere la legittimazione del proprio piano di autonomia unilaterale. Un piano che esclude il Fronte Polisario, legittimo rappresentante del popolo saharawi riconosciuto dalle Nazioni Unite, e che propone un’autonomia condizionata alla sovranità marocchina — in sostanza, un’offerta di resa mascherata da dialogo.
Investimenti illegali e moralmente inaccettabili:
L’entusiasmo mediatico per gli investimenti nel Sahara Occidentale omette un principio cardine: tali operazioni sono illegali in assenza del consenso esplicito del popolo saharawi. Lo ha ribadito la Corte di Giustizia dell’UE e lo affermano da decenni le risoluzioni ONU.
Questi investimenti non solo violano il diritto internazionale, ma rappresentano un sostegno materiale e simbolico all’occupazione militare. Mentire sulla “neutralità” del commercio significa legittimare la repressione e la negazione dei diritti fondamentali nei territori occupati, dove il Marocco continua a esercitare un controllo autoritario, impedendo l’accesso agli osservatori internazionali e soffocando ogni espressione di dissenso.
Il Fronte Polisario e la ripresa della lotta armata:
L’articolo riconosce il “contesto bellico”, ma ignora che il Fronte Polisario ha ripreso la lotta armata nel 2020 proprio per il fallimento diplomatico e l'inerzia internazionale. Le cause della ripresa del conflitto armato risiedono nella sistematica violazione del cessate il fuoco da parte del Marocco e nell’impossibilità, per i saharawi, di vedere rispettato il proprio diritto all’autodeterminazione.
Nonostante ciò, attori internazionali continuano a proporre “soluzioni economiche” che non tengono conto della realtà legale e morale del conflitto.
Il piano di autonomia marocchino: una falsa via
Il piano di autonomia proposto dal Marocco — e sostenuto da tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, secondo El País — non è stato approvato dalle Nazioni Unite e non soddisfa il principio fondamentale dell’autodeterminazione.
Il Fronte Polisario lo ha rigettato perché non offre alcuna garanzia di sovranità al popolo saharawi, ma solo una parvenza di autogoverno sotto l’ombrello del dominio marocchino. Ogni tentativo di presentare questa proposta come “l’unica soluzione realistica” è una scommessa sulla rassegnazione e sull’ingiustizia.
Nessuna pace senza autodeterminazione:
Il Sahara Occidentale non è marocchino, e nessun investimento, riconoscimento unilaterale o narrazione giornalistica potrà cambiare questo fatto.
La comunità internazionale deve smettere di rincorrere miraggi economici e affrontare con coraggio l’unica strada legittima e duratura: il rispetto del diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi.
Ogni altro approccio, che sia mascherato da “stabilità regionale” o da “sviluppo economico”, non fa che rinviare la pace e consolidare un’occupazione coloniale che dura da ormai mezzo secolo.
Articolo fornito a ECSaharaui dalla Piattaforma “Non dimenticare il Sahara Occidentale”
