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Sahara Occidentale: Tra diritti violati e sfide commerciali per l’Europa

Madrid, 21 novembre 2024 - La Camera dei Deputati ha ospitato un acceso dibattito sulla situazione del Sahara Occidentale, in una conferenza organizzata dal Fronte Polisario e da vari gruppi parlamentari. L'evento ha messo al centro la recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE), che ha dichiarato invalido l'accordo commerciale tra l'UE e il Marocco, poiché include illegalmente i territori sahrawi. Questo verdetto rappresenta un momento cruciale nella difesa del diritto internazionale e dei diritti del popolo sahrawi.

La Sentenza della CGUE: Un Passo Storico ma Controverso:

La decisione della CGUE sottolinea che l'accordo commerciale modificato nel 2019 viola il diritto internazionale in quanto non ha ottenuto il consenso del popolo sahrawi. Tuttavia, la scelta di mantenerlo in vigore per altri 12 mesi ha suscitato polemiche, portando molti a chiedere un’azione immediata per rispettare la sentenza senza ulteriori proroghe.

Gli Agricoltori Europei e il Ricatto Economico del Marocco

Andrés Góngora, responsabile del settore ortofrutticolo del COAG (Coordinatore delle organizzazioni degli agricoltori e degli allevatori), ha lanciato un forte monito contro le conseguenze dell'accordo sugli agricoltori europei, in particolare quelli del sud-est della Spagna.

"Se la sentenza ha dichiarato illegale l'accordo, non è accettabile che l'UE lo mantenga operativo per un altro anno per favorire le grandi multinazionali", ha dichiarato Góngora. Ha inoltre denunciato le strategie di pressione del Marocco, che sfrutta strumenti come il controllo dell'immigrazione, il traffico di droga e il terrorismo per ottenere concessioni dall'UE, compromettendo la competitività degli agricoltori europei e sfruttando le risorse sahrawi.

La "Megalopoli del Pomodoro": Una Ferita Aperta nel Sahara Occidentale

La conferenza ha anche ospitato la presentazione di un rapporto della ONG Mundubat e del COAG intitolato Diritti umani e imprese transnazionali nel Sahara Occidentale: il caso del pomodoro. Il documento denuncia la costruzione di una colossale infrastruttura agricola a Dakhla, soprannominata la “megalopoli del pomodoro”, parte del piano marocchino Generazione Verde.

Il progetto mira a sviluppare 5.000 ettari di produzione agricola entro il 2030, utilizzando le risorse del Sahara Occidentale a scapito del popolo sahrawi. Il rapporto evidenzia condizioni lavorative discriminatorie per i locali e un impatto negativo per gli agricoltori europei, che soffrono la concorrenza di importazioni cresciute del 170% negli ultimi cinque anni.

"Questo mega-progetto beneficia un’oligarchia marocchina legata al re Mohamed VI, mentre il popolo sahrawi rimane spogliato dei suoi diritti e delle sue risorse naturali", ha dichiarato Góngora.

Frode ai Consumatori e Mancanza di Trasparenza:

Un altro tema critico è l'etichettatura dei prodotti agricoli. Secondo le norme europee, l’origine degli alimenti deve essere chiaramente indicata. Tuttavia, i prodotti agricoli provenienti dal Sahara Occidentale sono spesso etichettati come originari del Marocco, ingannando i consumatori europei. La sentenza della CGUE chiarisce che tali prodotti devono essere identificati come originari del Sahara Occidentale, che non è parte del Marocco.

"Questo problema non solo mina la fiducia dei consumatori, ma incoraggia anche una concorrenza sleale contro gli agricoltori europei", ha sottolineato Góngora.

Richieste di Azioni Immediate:

Il COAG ha esortato il governo spagnolo e l’Unione Europea ad adottare misure immediate per:

  1. Sospendere l'accordo commerciale con il Marocco senza ulteriori proroghe.
  2. Implementare controlli rigorosi sulle importazioni agricole per garantire il rispetto delle normative europee.
  3. Sostenere i diritti del popolo sahrawi attraverso iniziative diplomatiche e commerciali.

La conferenza si è conclusa con un appello alla solidarietà internazionale per fermare lo sfruttamento del Sahara Occidentale, proteggere gli agricoltori europei e porre fine alle pratiche commerciali che alimentano ingiustizie e conflitti.

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