Agadir, 19 dicembre 2025 – Mercoledì 17 dicembre, il tribunale di primo grado di Agadir ha emesso una sentenza di condanna contro gli studenti saharawi Mohamed Ibrahim Babit e Salah Eddine Sabbar. Entrambi sono stati condannati a otto mesi di reclusione e al pagamento di una sanzione pecuniaria. La sentenza è stata immediatamente etichettata dagli osservatori internazionali e dagli attivisti locali come una "rappresaglia diretta" contro il loro impegno a favore dell'autodeterminazione del popolo saharawi.
Il tribunale marocchino infligge otto mesi di carcere ai due giovani saharawi. Le organizzazioni per i diritti umani denunciano processi farsa e una strategia sistematica di persecuzione politica.
L’ombra dei "processi farsa":
Secondo le testimonianze raccolte, il verdetto è giunto al termine di un procedimento segnato da gravi irregolarità. Osama Al-Hassan Bashir, studente e attivista presso l'Università di Agadir, ha riferito all'agenzia Algerian Press Service (APS) che il dibattimento è stato privo delle più elementari garanzie giuridiche.
"Queste sentenze, basate su accuse palesemente inventate, rivelano la natura punitiva del sistema giudiziario marocchino nei territori occupati," ha dichiarato Bashir. "L'obiettivo non è la giustizia, ma la criminalizzazione del dissenso politico e la vendetta contro chiunque rivendichi libertà e indipendenza."
Una strategia di persecuzione ricorrente:
Il caso di Sabbar e Babit non è isolato, ma sembra seguire uno schema di "detenzione ciclica". Solo lo scorso settembre, i due giovani erano stati condannati per reati d'opinione, scontando una pena detentiva conclusasi a novembre. Tuttavia, a distanza di poche settimane dal rilascio, sono stati nuovamente tratti in arresto e sottoposti a un nuovo processo.
Questo schema di arresti ripetuti suggerisce una strategia deliberata volta a logorare psicologicamente e fisicamente i leader del movimento studentesco saharawi, impedendo loro di portare avanti qualsiasi forma di mobilitazione civile.
Il grido d'allarme delle ONG:
L'organizzazione "Sol de Libertad", impegnata nella protezione dei difensori dei diritti umani, ha espresso profonda preoccupazione per l'escalation repressiva. In una nota ufficiale, l'associazione ha denunciato come il sistema giudiziario venga utilizzato come strumento di pressione per "spezzare la determinazione degli studenti e minare il loro impegno politico".
Parallelamente, altre associazioni saharawi hanno evidenziato come tali pratiche violino sistematicamente gli standard internazionali:
- Limitazione della libertà di espressione.
- Violazione del diritto di associazione e protesta.
- Utilizzo di processi fraudolenti per scopi politici.
Appello alle Nazioni Unite:
L'articolo si conclude con un appello urgente rivolto alla comunità internazionale e alle Nazioni Unite. Gli attivisti chiedono un intervento immediato per monitorare le condizioni dei detenuti politici saharawi e per esercitare pressioni diplomatiche sul Marocco, affinché ponga fine alle violazioni dei diritti umani nei territori del Sahara Occidentale.
La condanna di Babit e Sabbar rimane, per ora, l'ultimo capitolo di un conflitto che continua a consumarsi non solo sul piano diplomatico, ma anche nelle aule di tribunale e nelle celle di detenzione.
