L'attivista saharawi per i diritti umani Sultana Khaya ha chiesto domenica 9 gennaio alla comunità internazionale di intervenire per aiutarla ad affrontare l'assedio di 461 giorni imposto dalle autorità di occupazione marocchine nella sua casa nella città occupata di Boujdour (Sahara occidentale).
Sultana Khaya ha dichiarato in una intervista all'APS che "lei e la sua famiglia sono sotto stretta sorveglianza della polizia e non possono uscire e visitare le loro famiglie. Le forze di occupazione impediscono anche all'attivista di uscire per cure mediche.
L'attivista ha anche affermato che la sua famiglia "è privata di acqua ed elettricità" e ha sottolineato che le forze di occupazione marocchine usano tutti i mezzi disumani per torturarla a causa della sua insistenza nell'alzare la bandiera della Repubblica Araba Saharawi Democratica sul tetto della la sua casa per riaffermare l'impegno del popolo saharawi al proprio diritto all'autodeterminazione e all'indipendenza.
Sultana Khaya ha sottolineato, inoltre, che le forze di sicurezza marocchine continuano effettuare regolarmente attacchi contro la sua casa di Boujdour, la sua famiglia viene privata del sonno.
Invita la comunità internazionale a "fare più pressione sul regime marocchino per revocare l'assedio ingiustamente impostole".
L'attivista saharawi ha inoltre invitato la comunità internazionale e le organizzazioni per i diritti umani ad "assumersi le proprie responsabilità" e a "proteggere" il popolo saharawi che affronta un "genocidio" dalla ripresa della lotta armata il 13 novembre 2020.
"Le violazioni marocchine sono progredite drammaticamente nel Sahara occidentale", ha affermato Sultana Khaya a questo proposito.
Sultana Khaya, è stata aggredita e violentata più volte, e le sue due sorelle e il resto della famiglia hanno subito ogni tipo di aggressione, violenza e molestia.
