Madrid, 7 agosto 2025 – L’annuncio delle riprese del nuovo film di Christopher Nolan, Odyssey, nella città di Dakhla, situata nel territorio occupato del Sahara Occidentale, ha scatenato un’ondata di proteste e indignazione nel mondo del cinema spagnolo e tra le organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani.
Il regista britannico, insieme alle star internazionali Zendaya e Matt Damon, è arrivato il 17 luglio nella zona per iniziare le riprese della sua nuova produzione targata Universal Pictures. Tuttavia, il luogo scelto per girare – un’area che le Nazioni Unite classificano come “territorio non autonomo” e “sotto occupazione marocchina” – ha sollevato forti critiche, soprattutto perché nessuna autorizzazione è stata concessa dal governo della Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD).
Una protesta corale: artisti, attivisti e il FiSahara
In risposta, numerosi attori e attrici spagnoli di primo piano, tra cui Javier Bardem, Itziar Ituño, Carolina Yuste e Luis Tosar, hanno sottoscritto un manifesto pubblico promosso dal Festival Internazionale del Cinema del Sahara Occidentale (FiSahara). Il documento accusa Nolan e la produzione di aver collaborato, seppur inconsapevolmente, alla normalizzazione dell’occupazione illegale marocchina del Sahara Occidentale.
“Nolan non ha ricevuto alcun consenso da parte del popolo saharawi”, afferma una nota del FiSahara. “L’unico via libera è arrivato dal potere occupante: il Marocco. Siamo certi che, se avessero compreso appieno le implicazioni di girare in una terra sotto occupazione, dove gli stessi saharawi non sono liberi di raccontare la propria storia, Nolan e la sua troupe sarebbero inorriditi.”
Il manifesto invita il regista e la casa di produzione a rettificare pubblicamente e a prendere le distanze dalla decisione di girare a Dakhla. “Devono rompere il silenzio per non diventare complici di un’occupazione illegale,” si legge nella dichiarazione, “e riconoscere che non avrebbero dovuto girare in un territorio colonizzato senza il consenso dei suoi legittimi abitanti.”
Silenzio da Hollywood, entusiasmo da Rabat:
Nonostante l’eco mediatica e il crescente sostegno ricevuto dalla stampa internazionale, né Nolan né Universal Pictures hanno rilasciato commenti. A parlare è stato invece il Ministero della Cultura del Marocco, che ha espresso entusiasmo per la visibilità offerta alla regione, proponendo Dakhla come futura meta per produzioni cinematografiche internazionali.
Una posizione che, secondo María Carrión, direttrice esecutiva del FiSahara, rappresenta un’operazione di propaganda:
“Il cinema è una piattaforma straordinaria per denunciare l’ingiustizia sociale. Ma chi partecipa alla strategia di promuovere l’occupazione marocchina al mondo esterno agisce come un vero e proprio araldo dell’oppressore.”
La questione internazionale del Sahara Occidentale:
Il Sahara Occidentale è un territorio conteso dal 1975, anno in cui il Marocco ha avviato la sua occupazione dopo il ritiro della Spagna. L’ONU riconosce ancora oggi il diritto inalienabile del popolo saharawi all’autodeterminazione e non ha mai riconosciuto la sovranità marocchina sull’area. Anche diversi paesi, tra cui il Canada, hanno recentemente ribadito la loro opposizione al riconoscimento dell’occupazione marocchina.
In questo contesto, il gesto di una grande produzione hollywoodiana che sceglie di girare in una zona politicamente sensibile senza alcun rispetto per la legalità internazionale è visto come un grave errore etico e politico.
Mentre le riprese di Odyssey proseguono sotto il sole del Sahara, la protesta internazionale non accenna a diminuire. Il mondo del cinema – da sempre voce delle istanze civili – si interroga sul ruolo dell’arte nelle zone di conflitto e sull’impatto delle sue scelte. Il silenzio di Nolan e della produzione pesa, e il caso potrebbe segnare un precedente scomodo per l’etica dell’industria cinematografica globale.
