Madrid, 27 gennaio 2025 - Un'inchiesta del quotidiano spagnolo El Público, a firma del giornalista José Carmona, svela come il Marocco stia utilizzando il turismo come strumento per rafforzare la sua occupazione del Sahara Occidentale. L'articolo dipinge un quadro inquietante della città di Dajla nel Sahara occidentale occupato, dove resort idilliaci e attrazioni turistiche celano una brutale repressione della popolazione saharawi da parte delle autorità marocchine.
Carmona descrive dettagliatamente la trasformazione di Dajla in una meta turistica in ascesa, attrattiva per i turisti europei grazie a voli low cost, offerte per sport acquatici ed escursioni nel deserto. Questa immagine patinata, promossa dall'occupazione marocchina come un'oasi di avventura e relax, maschera una realtà ben più oscura: la sistematica repressione del popolo saharawi sotto l'occupazione militare. "La città è un luogo di resort e frutti di mare, ma anche di repressione saharawi e scomparsa di attivisti", afferma Carmona, sintetizzando la drammatica dicotomia.
Secondo l'inchiesta, le autorità marocchine esercitano uno stretto controllo militare sulla città, soffocando ogni forma di dissenso e punendo le manifestazioni di identità saharawi. Una testimonianza raccolta da Carmona è particolarmente toccante: un attivista racconta la scomparsa del fratello, avvenuta due anni prima, lasciando intendere un tragico epilogo.
L'articolo critica aspramente la strategia complessiva del Marocco, che mira a legittimare il suo controllo sul Sahara Occidentale – territorio riconosciuto dalle Nazioni Unite come in attesa di decolonizzazione – attraverso lo sviluppo turistico. Carmona riporta le parole di Abdulah Arabi, rappresentante del Fronte Polisario in Spagna, che definisce l'approccio marocchino "una strategia globale per ottenere con i fatti ciò che la legge nega loro". Arabi sottolinea come tali iniziative, tra cui la promozione del turismo e l'appropriazione culturale, violino le norme internazionali che sanciscono la necessità del consenso del popolo saharawi per qualsiasi sfruttamento economico del proprio territorio. È fondamentale ricordare che il Marocco non detiene alcuna sovranità sul Sahara Occidentale e, pertanto, dovrebbe astenersi da ogni forma di sfruttamento delle sue risorse.
L'inchiesta di El Público punta il dito anche contro la complicità degli attori internazionali. Mentre i turisti si godono le vacanze a Dajla, il popolo saharawi subisce "segregazione, sparizioni forzate e torture". Parallelamente, nuovi progetti infrastrutturali, come hotel di lusso e porti di pesca, procedono senza alcun riguardo per le risoluzioni delle Nazioni Unite. Carmona avverte che tali sviluppi rischiano di consolidare le pretese illegittime del Marocco sulla regione, emarginando ulteriormente il popolo saharawi.
L'articolo evidenzia inoltre i tentativi del Marocco di cancellare l'identità saharawi a Dajla, presentando la cultura locale come una mera estensione di quella marocchina. Nonostante le risoluzioni delle Nazioni Unite che ribadiscono il diritto all'autodeterminazione del Sahara Occidentale e l'illegalità dello sfruttamento delle sue risorse senza consenso, la comunità internazionale rimane in gran parte inerte di fronte all'avanzata dei progetti di sviluppo marocchini a Dajla.
Dajla, quindi, incarna un paradosso amaro: una meta turistica pittoresca costruita su fondamenta di violazioni dei diritti umani. Mentre i turisti si rilassano al sole e praticano surf, il popolo saharawi continua la sua lotta per il riconoscimento e la libertà, all'ombra di un'occupazione che si nutre anche di turismo.