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Stati Uniti, Marocco e Israele: la militarizzazione del Nord Africa e il Sahara Occidentale come pedina geopolitica



Di Carlos C. García

21 dicembre 2025

Negli ultimi giorni hanno iniziato a circolare notizie riguardanti la presunta installazione di una base militare statunitense nell’area di Amgala, nei pressi di Smara, nel cuore del Sahara Occidentale occupato. Sebbene tali informazioni non siano state confermate da fonti ufficiali né verificate in modo indipendente, esse non possono essere liquidate come semplici voci prive di fondamento. Al contrario, si inseriscono in una narrazione politica costruita con precisione, che mira a un obiettivo ben definito: normalizzare l’occupazione marocchina del Sahara Occidentale attraverso la sua integrazione nell’architettura militare e geostrategica occidentale.

La presenza statunitense: cooperazione militare sì, base nel Sahara no (per ora)

Gli Stati Uniti non sono un attore neutrale in Nord Africa. Washington mantiene una presenza militare strutturata nella regione attraverso accordi di difesa, esercitazioni congiunte, cooperazione in materia di intelligence e accesso logistico in diversi Paesi. In questo contesto, il Marocco occupa una posizione centrale, in quanto principale alleato non NATO degli Stati Uniti e co-organizzatore dell’esercitazione African Lion, uno dei più vasti dispiegamenti militari statunitensi nel continente africano.

È tuttavia necessario essere chiari: non esistono prove concrete che attestino la decisione statunitense di installare una base militare permanente ad Amgala o a Smara, né tantomeno di trasferire comandi strategici dall’Europa al Sahara Occidentale. Presentare tale scenario come un fatto già compiuto rientra più in una operazione di propaganda politica che in una realtà militare verificata.

Ciò non significa, però, che il processo in atto sia immaginario. Al contrario, la militarizzazione progressiva e l’allineamento strategico del Marocco con l’Occidente sono reali, graduali e profondamente preoccupanti.

Il Marocco come piattaforma militare dell’Occidente:

Negli ultimi anni Rabat ha lavorato sistematicamente per affermarsi come pilastro della sicurezza occidentale in Africa, combinando tre elementi chiave:

- una solida alleanza militare con gli Stati Uniti;

- la normalizzazione strategica con Israele;

- l’utilizzo del Sahara Occidentale occupato come spazio di proiezione militare e politica.

Dal 2020, la cooperazione militare tra Marocco e Israele ha conosciuto un’accelerazione significativa. Droni di fabbricazione israeliana, sistemi avanzati di sorveglianza e tecnologie di intelligence sono entrati a far parte dell’arsenale marocchino. In questo quadro, il Sahara Occidentale è stato trasformato in un vero e proprio banco di prova, soprattutto dopo la rottura del cessate il fuoco, per operazioni militari, controllo territoriale e dimostrazioni di forza.

Nulla di tutto ciò è casuale. L’occupazione si consolida attraverso la militarizzazione, mentre la repressione, il controllo capillare e le sistematiche violazioni dei diritti umani vengono presentate come “stabilità”.

Sahara Occidentale: laboratorio militare e nodo geopolitico

La narrativa che lega investimenti statunitensi, apertura di consolati a Dakhla, cooperazione antiterrorismo e ipotesi di basi militari segue una logica coerente: trasformare un territorio in attesa di decolonizzazione in un asset strategico, svuotandolo della sua dimensione giuridica e politica.

Con il pretesto della sicurezza regionale e della lotta al terrorismo nel Sahel, si tenta di occultare un’occupazione illegale, ignorando deliberatamente il diritto internazionale, le risoluzioni delle Nazioni Unite e le sentenze dei tribunali internazionali che negano qualsiasi sovranità marocchina sul Sahara Occidentale.

L’eventuale presenza di forze militari straniere nel territorio — anche se oggi resta solo un’ipotesi deliberatamente diffusa — rappresenterebbe un passaggio estremamente grave: l’internazionalizzazione dell’occupazione, con la complicità diretta di potenze che si proclamano difensori dell’ordine internazionale basato sulle regole.

Non sorprende che l’Algeria interpreti questi sviluppi come una minaccia diretta. Non si tratta solo di equilibrio regionale, ma del rischio concreto che il Sahara Occidentale venga definitivamente assorbito in una struttura militare che cristallizzerebbe lo status quo.

Propaganda oggi, fatti compiuti domani:

Non siamo di fronte a una semplice opinione o a un episodio isolato. Siamo davanti a un processo di legittimazione progressiva: oggi si parla di ipotesi, domani di cooperazione, dopodomani di normalità. È così che si costruiscono i fatti compiuti.

Forse oggi non esiste una base militare statunitense ad Amgala. Ma esiste una convergenza strategica tra Stati Uniti, Marocco e Israele, e il Sahara Occidentale viene deliberatamente utilizzato come pedina sacrificabile sulla scacchiera geopolitica.

Di fronte a questa deriva, è essenziale denunciare non solo ciò che sta già accadendo, ma anche ciò che si sta preparando: un’occupazione sempre più fortificata e militarizzata, protetta da alleanze internazionali che preferiscono la “stabilità” dell’ingiustizia al rispetto della legge.

Il Sahara Occidentale non è un corridoio logistico né un’enclave strategica. È un territorio occupato e un popolo titolare del diritto all’autodeterminazione. Tutto il resto è propaganda.

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