Sahara occidentale, 13 febbraio 2025 - Mentre il Marocco nega l'accesso ai giornalisti che criticano il suo regime ed espelle coloro che cercano di documentare la realtà del Sahara occidentale occupato, apre le porte a influencer e giornalisti di viaggio che, a proprie spese, promuovono un'immagine idilliaca di un territorio in cui i diritti umani vengono sistematicamente violati. Di recente, un gruppo di creatori di contenuti e reporter del turismo, tra cui il TikToker Miguel Mandayo e la giornalista Alicia Escribano, si sono recati nella città occupata di Dakhla, ex Villa Cisneros, nell'ambito di una strategia del regime alawita volta a consolidare la propria occupazione e distogliere l'attenzione internazionale dal saccheggio delle risorse saharawi e dalla repressione della popolazione indigena.
Propaganda mascherata da turismo:
Il viaggio, finanziato dall'Ufficio Nazionale del Turismo del Marocco (ONTM), fa parte di una strategia che mira a posizionare la città occupata di Dakhla come una destinazione turistica attraente e a dissociarla dal conflitto coloniale che infuria nel Sahara occidentale da quasi 50 anni. Mentre questi influencer condividevano immagini di spiagge paradisiache e attività avventurose, la popolazione saharawi continua a vivere in uno stato di occupazione, repressione e blackout informativo.
Lungi dall'essere semplici "viaggi di familiarizzazione", queste visite si inseriscono in un'offensiva di insabbiamento che il Marocco porta avanti con la complicità di alcuni settori del giornalismo di viaggio e del marketing digitale. La presenza di giornalisti come Alicia Escribano, che ha sostenuto che "i giornalisti di viaggio vanno lì per turismo, non per esprimere giudizi o valutazioni politiche", dimostra l'irresponsabilità di coloro che, nella loro ansia di ottenere contenuti accattivanti, omettono consapevolmente la realtà politica del territorio che visitano.
Giornalisti espulsi, influencer benvenuti:
Mentre il Marocco promuove questi viaggi per gli influencer, impedisce l'accesso ai giornalisti che cercano di raccontare la realtà dell'occupazione. Di recente, Francisco Carrión, giornalista di El Independiente, e José Carmona, di Público, sono stati espulsi da Dakhla mentre cercavano di svolgere il loro lavoro giornalistico. La censura marocchina è una strategia deliberata per impedire alla comunità internazionale di avere accesso alla situazione dei Sahrawi, sottoposti a repressione poliziesca, arresti arbitrari e torture documentate dalle organizzazioni per i diritti umani.
Al contrario, gli influencer invitati hanno scelto di non commentare l'occupazione e hanno evitato qualsiasi riferimento alla repressione del popolo saharawi. Miguel Mandayo, ad esempio, ha condiviso sul suo account Instagram le immagini del suo soggiorno a Dakhla con messaggi come "Un galiziano per il Marocco", ignorando deliberatamente il fatto che si trovava in un territorio occupato secondo il diritto internazionale.
La complicità di chi resta in silenzio:
La promozione turistica di Dakhla da parte di questi influencer e giornalisti contribuisce attivamente alla strategia marocchina di normalizzazione dell'occupazione e di legittimazione della presenza illegale del Marocco nel Sahara occidentale. Come sottolinea giustamente Abdulah Arabi, rappresentante del Fronte Polisario in Spagna, "fare surf in un luogo occupato da una potenza straniera è già di per sé un errore, ma promuoverlo e normalizzarlo è un segno di complicità con l'occupante".
Mentre immagini di dune e frutti di mare inondano i social network di questi creatori di contenuti, la realtà del popolo Saharawi continua a essere messa a tacere. L'occupazione marocchina non è solo militare; è anche un viaggio mediatico e narrativo, e coloro che partecipano a questi viaggi finanziati dal regime alawita diventano pezzi chiave di questa macchina di propaganda. La domanda è: questi influencer e giornalisti saranno in grado di assumersi la responsabilità della loro complicità?
